castello di momeliano


Forse il fundus mamuleianus della Tavola Alimentare Traianea (reperti archeologici venuti alla luce in epoca passata ne suffragherebbero l'ipotesi), Momeliano appare già citato nel 325 e quindi nell'869 quando il conte Tadone ne investì suo nipote Manfredo Negrobono.

La località, passata in epoca successiva alla Mensa vescovile piacentina, fu per un certo periodo di pertinenza del monastero di S.Brigida e, dopo il 1158, della chiesa urbana di S.Maria in Gariverto.

Mentre del paese si parla nelle cronache locali ancora sotto l'anno 1234, quando venne distrutto dalle milizie di Guglielmo Landi in lotta contro i nobili, del castello si ha memoria solo nel secolo successivo.

Infatti nel 1368 il suo possessore, Castellino Dolzani, lo vendette a Ruffino Borri. Quattro anni dopo, durante la guerra che il pontefice conduceva contro Galeazzo II Visconti, Momeliano (come altri borghi del territorio piacentino) subì l'invasione delle truppe papali e dovette accogliere il presidio dal cardinale legato Pietro Buturicense.

Nel 1488 il castello era di Giovanni Albanesi, detto Rubbino; tre anni dopo ne era il signore il nobile Antonio Ceresa. Per successione ereditaria il fortilizio nel 1530 perveniva alla famiglia Bottigella la quale, pochi anni dopo (1534) lo vendeva ai Radini Tedeschi.

Verso la fine del secolo (1585) subentrava nel possesso dei feudi di Momeliano il marchese Ferrari. Nel 1595 ne era già signore il marchese Luigi Lampugnani, il quale possedeva altre terre nel parmense ed in lombardia: fù lui che fece ricavare un oratorio nel torrione orientale del castello.

Dopo l'estinzione della famiglia (1742), il feudo venne avocato dalla Camera Ducale; la vedova Lampugnani tuttavia ottenne dal duca di Parma e Piacenza, don Filippo di Borbone, la facoltà di abitare nel fortilizio al fine di poter provvedere all'amministrazione dei beni che possedeva nella zona.

Il conte Gherardo Portapuglia nel 1798 acquistava il castello che passava quindi ai fratelli Giovanni e Piero Jacchini e ad essi, per eredità, subentrava Gaetano Basini; Da qui la denominazione Castel Basini data alla rocca.

Gli eredi Jacchini si opposero al testamento promuovendo una lite che durò 30 anni al termine della quale il castello passò nelle mani di vari proprietari.

Nel 1868 era degli Stevani, nobile famiglia a cui appartenne il colonnello dei bersaglieri Severino, valoroso combattente delle guerre di indipendenza ed esperto agricoltore. Lo stato generale di conservazione del castello è buono.

Sono da segnalare: le tracce degli incastri del ponte levatoio nel corpo di fabbrica rivolto verso sud-est; la merlatura, ora chiusa ad arco e praticabile per mezzo di uno stretto corridoio; i resti delle finestra archiacute murate sul fronte a sud-est; la loggia verso corte; due coppie di archi.